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Legenda
L'Autore
L A     S T O R I A
- Scritta da Francesco Franceschi e Fabio Meschini -
Pagina 02

Certo che questo edificio è bello grande, visto questo po' po' di tetto. Sono al bordo. La vita scorre sotto di me. Mi guardo intorno per orizzontarmi. Quello li' e' il Big Ben!! Sono a Londra. Bene! Finalmente una piccola certezza. Mi sento meglio. Anche il mal di testa sta migliorando. Pero' mi sto bagnando tutto. Ormai posso andar via da qui. Corro verso la cabina dell'ascensore, che docilmente mi aspetta. Entro all'asciutto. Ahhh! Bene. Scendo, ma alla partenza mi appoggio alle pareti, frenando con le palme delle mani aperte dietro la schiena. Sto riacquistando una coordinazione motoria accettabile. L'ascensore si ferma. La porta si spalanca su di un atrio male illuminato. La poca luce entra da alcune finestre di media grandezza in alto. La porta grande in fondo e' bloccata con delle assi di legno incrociate. Mi guardo intorno. C'e' un'altra porta sulla mia destra. Saggio la maniglia. Cede. La porta si apre. Un corridoio. C'e' un interruttore. Lo spingo. Non succedde nulla. E' ovvio, che stupido! Manca la corrente elettrica. Mi giro verso la stanza. In un angolo ci sono delle masserizie. Mi avvicino. Ci sono dei mattoni. Ne prendo un paio. Torno alla porta, la apro e la blocco. Cosi' un po' di luce entra. Meglio che niente! Mi avventuro nel corridoio. In fondo scorgo a malapena un'altra porta. Giro la maniglia... si apre! La spalanco, e mi trovo in un vicolo. Finalmente sono fuori! Non male per uno smemorato... Mi congratulo con me. Ora pero' bisogna che rifletta con calma. L'uscita e' li', non scappa. Prima di uscire nella pioggia un attimo di riflessione. Cosa mi conviene fare? Una opzione che mi viene in mente e' andare dalla polizia. Sembra la cosa piu' logica, ma una voce dentro mi urla "NO!". Forse sono un delinquente... no..non so.. maledizione!! Non ricordo! ...Calma! Calma!!! Non debbo perdere la calma. Cosa posso fare?? Che stupido! Non mi sono ancora guardato addosso. Certo che non debbo essere un tizio molto sveglio... Mi palpo addosso. Nella tasca posteriore dei pantaloni sento un rigonfio. Un portafoglio!! Ma allora e' fatta! Una risata mi scuote, improvvisa. Ho quasi le lacrime agli occhi dalla gioia. Non sapere chi ero, mi faceva impazzire! Tiro fuori il portafoglio. E' bello gonfio. Lo apro. Soldi. Soldi. Ancora soldi. Una quantita' esagerata e.. niente altro. Non e' possibile! Quale scemo va in giro a Londra con tutti quei soldi contanti e senza un documento? Io, e' la risposta che mi rimbomba dentro. Quel cretino sono io! Uno sconforto infinito mi sale e porta anche un brivido di gelo sulla schiena. Mi viene di nuovo da piangere, ma stavolta per la solitudine che ho dentro. Un urlo strozzato mi esce dalla gola. Sto piangendo scosso dai singhiozzi. Urlo di rabbia. Questo spettacolo umiliante dura solo un paio di minuti, ma mi lascia vuoto e spossato. Mi siedo in terra. Sono senza fiato. Lentamente torno lucido. Mi estraneo dalla mia situazione. E' l'unico sistema per uscirne con qualche pezzo sano. Quando avro' sotto le mie mani quello che mi ha messo in questa situazione voglio ucciderlo molto, molto, molto lentamente. Questo pensiero e' quello giusto! Mi sento un po' meglio. Intanto il mio cervello,mentre avevo la crisi isterica, ha continuato a lavorare in multitasking, perche' all'improvviso penso che in giro, con un sacco di soldi e nessun documento, ci va giusto qualcuno che deve comprare o pagare qualcosa e non vuole essere riconosciuto. Potrebbe essere. Continuo l'esplorazione corporea. Nella tasca anteriore ho la chiave che ho preso nella stanza. LSS-153 era la scritta sotto di essa. Potrebbe essere il numero di una cassetta di sicurezza di una banca o delle cassette della stazione centrale dei treni o dell'aereoporto. Ho una taschino anche nella camicia. Dentro alcuni biglietti. Li tiro fuori. Li guardo attentamente. Sono tutti uguali. Ma che cosa sono?? Mi ci vuole un po' per capire. Non e' possibile! Sono santini. Tutti uguali. Tutti di Sant'Antonio. Questo e' il colmo. Forse sono un prete?? La parola non mi lancia nessun messaggio interno, ne' negativo, ne' positivo. Ma se fossi un prete , sarei vestito cosi'? Beh, in effetti oggi i preti si vestono un po' come vogliono. Certo sono mooolto disorientato. Meglio continuare l'ispezione personale. Non trovo altro. Cosa faccio ora? Mi ricordo all'improvviso anche dell'appuntamento sul biglietto nel collare del gatto. Domani sera, Kensington Square 22 diceva. Forse la cosa migliore e' andare li', per vedere se quel domani sera e' stasera. Non mi viene in mente nient'altro. Mi sono leggermente asciugato. E' ora di muoversi. Basta pensare ancora! Mi tuffo nel vicolo e la pioggia mi inghiotte. Mi risveglio zuppo di sudore: sono in una camera d'albergo, uno di quelli di quattordicesima categoria: se fossimo a Chicago ci sarebbe sicuramente la metropolitana a correre a un metro dalla finestra. Mi sono rifugiato qui ieri notte e a giudicare dal grado di umidita' delle lenzuola deve essere stata una notte non poco agitata, anche se ora non ricordo nulla. Ero pieno di soldi, ma ho deciso comunque di entrare in una bettola del genere: e' come se, pur non ricordandomi nulla, avessi un non so che di coscienza sporca che mi fa fuggire dalla luce del sole. Non che ci sia la luce del sole, la' fuori.... il cielo continua ad essere di quell'insopportabile grigio... almeno non piove. Mi vesto, pago il conto ed esco: mi incammino a piedi in una direzione qualsiasi, tanto che differenza fa? Cammino in linea retta, mi guardo intorno alla ricerca di un segnale, qualcosa che mi dia almeno un indizio su chi (o cosa) sono. Persone... Cartelli pubblicitari.... odori e rumori mi aleggiano intorno mentre vago nella mia bolla di estraneita'. Un'edicola: compro un quotidiano: potrebbe parlare anche di me. Non mi stupirei se a questo punto ci fosse la mia foto in prima pagina con magari anche una bella taglia in stile far west.... Le mie paranoie si rivelano fortunatamente infondate.. inizio a leggere qua e la'.. mi si affianca un taxi. Il finestrino si abbassa e si affaccia un tassista di colore in perfetta uniforme giamaicana: mi sorride con una dentatura da squalo da dietro enormi occhiali scuri a fascia: "Lei ha sicuramente bisogno di un passaggio: salga, questo e' il miglior taxi di tutta la city!" Rimango li', con il giornale in mano e lo sguardo fisso sui suoi occhiali mentre lui continua a sorridere con un che' di famelico: mi sento come se fossi cappuccetto rosso e lui il lupo. Quindi salgo. In fondo alla fine della favola e' il lupo che muore e io non ne posso piu' di tutta questa incertezza: e' ora di dare una svolta alla questione. Monto nel taxi con l'adrenalina che comincia a salire ed il cervello che vaglia tutte le possibili agrressioni che potrei subire. Mi porterà da qualche parte per farmi fuori? Magari ora si gira e mi spara un colpo di pistola gratis cosi', fra una curva e un semaforo come se niente fosse! E se lo prendessi di sorpresa? Potrei togliermi la cinta e passargliela intorno al collo: potrei costringerlo ad accostare in un luogo isolato per poi farlo parlare: perche' lui sa qualcosa, ne sono sicuro! Il tassista spinge un bottone sul cruscotto e la griglia di protezione tra sedile posteriore e anteriore sale come una ghigliottina al contrario, tagliando via l'unica idea decente che mi era venuta. Ora sono veramente fottuto. Comincia a parlare. Parla, di tutto quel piu' e meno tipici di una corsa in taxi: lo ascolto come se fosse rumore sullo sfondo mentre cerco di capire, di dare un senso a tutto cio': parla del tempo, mi chiede se vado in cerca di donne, di uomini o cos'altro, ride, ride tantissimo: non lo vedo che di spalle ma immagino la sua bocca spalancata e a tratti vedo i suoi denti passare di sfuggita nello specchietto retrovisore. "Eccoci arrivati a destinazione! Liverpool Street Station, proprio dove mi aveva chiesto!" E nel dire questo si gira verso di me, lentamente esibendo nuovamente quel sorriso panoramico da tirannosauro. "tre e cinquanta, grazie!". Pago. Scendo e osservo la facciata della stazione , immersa tra gli altri palazzi della city: avremo fatto si e no tre isolati. Liverpool Street Station. Ovvio, la sigla sulla chiave! Ma allora chi era il tassista? Un mio amico o complice, o un semplice ingranaggio del meccanismo che mi sta manovrando? Entro nella stazione e vado subito al deposito bagagli: nell'atrio ci sono tre file di cassette di sicurezza di varie dimensioni: cerco la 153: la trovo. Provo ad infilare la chiave: entra. Il primo impulso e' quello di aprire subito ma un avvertimento arriva dal fondo del cervello: mi guardo intorno: e' pieno di gente, ovunque potrei essere osservato da cento occhi come da una qualsiasi delle telecamere di sorveglianza sparse qua e la'. Tanto vale aprire. Guardo dentro. Sembra sia vuota... no, stavo guardando troppo in alto, la cosa sta coricata sul fondo della cassetta. E' una piccola cartellina di carta rigida. Scosto leggermente i lembi: contiene dei fogli. Documenti. Anche delle foto. Debbo trovare un posto tranquillo per guardare meglio e capirci finalmente qualcosa. Qui allo scoperto non mi sento per nulla tranquillo. Mi avvio verso l'uscita. Una folla mi passa vicino indaffarata. La stazione è piena di gente. Sono centinaia di persone. Sembrano formiche impazzite. Dove vanno? Il loro sguardo sembra privo di vita. Quello della folla è un movimento ipnotico. Mi scuoto. Esco. Guardo. Li' sulla sinistra c'è una sala da te'. L'ideale. La tazza di te' bollente fuma davanti a me. Il tavolo è piccolo, ma c'è un comodo separè che mi nasconde alla vista degli altri avventori. Il posto è tranquillo. Scosto la tazza di te', poggio la cartella sul tavolo e la apro. Ci sono dei ritagli di giornale e delle foto. Ritraggono un uomo sui 50 anni. Un bell'uomo a dire il vero: capelli castani, corporatura snella, altezza media, sorriso simpatico. Guardo i pezzi di giornale. Parlano di una fabbrica di componenti elettronici per il Ministero della Difesa. Si tratta della CECA inc. La sigla sta per Central Electronic & Computers Association. Un vero mostro industriale, stando all'articolo che sto leggendo. Controlla decine di consociate ed alcune di queste sono a loro volta piccoli giganti in vari settori industriali. Non ci capisco molto. Che cosa centro io? Prendo un altro ritaglio. Questo parla di un tizio, un certo Guido Pettermouse. Sembra uno importante. Già, è molto importante: è il padrone della CECA. C'è una intervista. Il giornalista scrive in un modo così servile, da dare il voltastomaco. Segue una descrizione fisica di questo Guido. Potrebbe corrispondere alla persona nelle foto. Non riesco a cavare nient'altro dal materiale che ho sottomano. Il velo non si è squarciato. Sono molto deluso. Ed ora cosa faccio? La cappa di nebbia nel cervello non si alza. Non so ancora chi sono e cosa debbo fare. Calma! Il panico è ciò di cui non ho bisogno! Resta ancora l'appuntamento. Deve essere stasera. Raccolgo tutto, pago ed esco. Il gioco continua! Torno in albergo. Ho comprato un vestito decente strada facendo. Faccio un breve sonno. Poi riguardo le carte. Non mi dicono ancora nulla. Mi faccio una doccia. Mi cambio. Mi sento meglio ed anche la testa sembra OK. Si è fatta sera. Esco. In strada mi guardo intorno: non si vedono taxi. Mi incammino a piedi con calma. Procedo in linea retta. Le strade sono semivuote. Probabilmente perchè è ora di cena. Un taxi si avvicina lentamente alla mia destra. Istintivamente mi metto due dita in bocca ed un acuto fischio esce dalle mie labbra. Rimango sorpreso per primo io stesso. Il taxi si blocca immediatamente. Al volante c'è un bianco sui 30 anni. Sembra uno slavo dall'aspetto. Rimango un po' deluso. Forse mi aspettavo il portoricano "Faccia di Squalo" della mattina. "Kensington Square 22". Il taxista parte subito, senza dire nulla. Mi guardo intorno. Passiamo vicino ad un orologio: segna le 9 e 30. Arriviamo abbastanza in fretta. Anche questo posto non era molto lontano. Il taxi si ferma, pago e scendo. L'amico al volante avrà detto 10 parole ed otto di queste erano la richiesta dei soldi della corsa. Guardo i numeri civici. Sto di fronte al 21. Giro lo sguardo al marciapiede di fronte. I numeri pari debbono stare li'. C'è l'insegna di un locale "Il Canguro Zoppo". Che nome!!! L'insegna è un canguro con una donnina nel marsupio. Davvero comico. Ridacchio fra me e me. Poi torno serio: la mia situazione non mi sembra poi così comica. Mi avvio all'entrata, la oltrepasso. Si tratta di un locale di classe, da quanto posso vedere. La tappezzeria del locale è completamente blu. C'è un Bar sulla destra ed un piccolo palcoscenico in fondo, con dei tavoli nel mezzo della sala. Sembra vuoto. Mi siedo ad un tavolo. Non si vede ancora nessuno. Mi sto innervosendo. Forse è troppo presto. Improvvisamente una mano mi stringe la spalla destra, vicino al collo. Mi alzo di scatto e mi giro: una bionda fantastica, una cosa da togliere il fiato, una grazia di Dio totale, alta senza fine, mi guarda dritto negli occchi, con un sorriso sardonico sulle sue labbra di seta. Quel sorriso perfetto si apre d'incanto ed una voce roca, da far rabbrividire un sordo, dice due sole parole: "Ciao Eric". Muto. Immobile come un gatto di marmo. Fisso la donna simulando uno sguardo intenso, quello di colui che sa, ma non ha bisogno di dire nulla. Infatti lei mi molla un ceffone micidiale, se non altro per l'anello in ... cos'era, ghisa? Si ferma un attimo a guardarmi sprezzante: "Tu sai sempre come cavartela, vero?!?". Conclude con un sospiro come di rassegnazione, si gira di scatto e si allontana con passo fiero, quasi una marcia militare, condita pero' con un ancheggiare seducente e misurato, all'interno di un lungo abito nero con un lungo spacco su un fianco, che mi fa sperare di aver almeno meritato un poco la sberla. Mentre la osservo torno a sedermi lentamente, senza staccarle gli occhi di dosso, ipnotizzato. "La vostra fama si rivela ben fondata, mister Noimann. La invido lo sa? Io sfortunatamente non posso piu' permettermi tali svaghi." Una capsula di cristallo mi parla, levitando su una poltrona in velluto rosso. All'interno una capsua piu' piccola galleggia lentamente, collegata al bordo della capsula grande da pochi fili sottilissimi. Accanto alla poltrona due energumeni asiatici mi osservano a braccia conserte. "Non sia cosi' sorpreso di vedermi, Noimann. Lo sapeva che prima o poi sarebbe successo. Sono un uomo d'affari e come tale non posso permettere che anche solo uno dei miei investimenti vada perduto. E a giudicare dal suo comportamento, sembra che lei abbia una tremenda voglia di perdersi." Mi parla. Sono sicurissimo che la voce, forse di un'uomo di mezza eta', arrivi dalla capsula, anche se questa sembra inanimata, a parte un leggerissimo oscillare della sua posizione rispetto alla sedia. "Ho pochissima voglia di perdere tempo con lei, Noimann. Ora ci alzeremo con calma e come buoni amici ci avvieremo verso l'uscita, senza disturbare tutta questa bella gente cosi' impegnata a divertirsi" E' vero: avrei giurato che il cocale fosse vuoto: possibile che in questi pochi istanti in cui la bionda mi ha distratto si sia riempito cosi' tanto? I due "accompagnatori" scostano simultaneamente un lembo del lungo cappotto high-tech, quel tanto che basta per farmi intravedere lo scintillio di una lama... no... e' una pistola... forse sono tutte e due le cose unite in un argomento a cui sicuramente non posso rispondere. Prendo tempo. "Cosa le fa pensare che sia venuto qui da solo? Mi credete tanto stupido da espormi cosi', senza prendere neanche una piccola precauzione?" E fra me e me penso che se c'e' un regista divino sopra di me ora si sta sbellicando dalle risate. "Si, francamente penso che voi siate proprio stupido come sembrate, Noimann: il solo fatto che ora tentiate questi ridicoli giochetti con me ne e' l'ulteriore conferma. Ora non mi faccia perdere altro tempo: si alzi, o dovremo simulare... oh beh.. diciamo una fuminea quanto imbarazzante sbronza, nella quale i gentilissimi signori Hayao e Leiji sranno cosi' caritatevoli da accompagnarla fuori per prendere una boccata d'aria. Scelga: fuori di qui sulle sue gambe o incosciente, poco importa." O la va o la spacca. "Quello che so della CECA mi mette abbastanza al sicuro, non credete?" Segue una piccola pausa. Poi inizia una sommessa risata da parte della capsula, una risata in crescendo, si fa grassa, sonora, assurda nel sentirla provenire da quell'oggetto immobile. I due asiatici cominciano a fare eco, magari solo per compiacere il capo. "Va bene, Noimann: e' chiaro che la sua situazione e' piu' penosa di quello che credevo: signori, saltiamo la recita della sbronza e portiamo fuori di qui la nostra perla." I due tirano fuori gli arnesi: sembrano una specie di figli ibridi di una rivoltella automatica di grosso calibro sposata ad una scimitarra: la lama e' spessa, deve essere pesantissima ma loro sembrano maneggiarla come niente fosse. Scatto in piedi rovesciando la sedia: la capsula si eleva portandosi all'altezza della mia testa: non so come, ma so che mi sta fissando. I due mi accerchiano ma non usano le armi, evidentemente vivo o morto per loro fa differenza. Cominciano ad avvicinarsi dai lati, mentre la capsula si avvicina di fronte. "Si arrenda con onore, Noimann. Accetti la sua essenza". Ed esplode.
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